Articolo 32 Costituzione

Dispositivo

  1. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo [ 38 ] e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
  2. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana [ c.c. 5 ].

Spiegazione dell’art. 32 costituzione

Con il primo comma dell’art. 32 costituzione si costituzionalizza il principio romanistico salus publica suprema lex. Il progetto recava « tutela la salute, promuove l’igiene ». Queste ultime parole furono soppresse su proposta dell’on. Caronia, perché il principio doveva considerarsi compreso nelle parole « tutela la salute », le quali « implicano anche la prevenzione delle malattie ». Le parole finali « garantisce cure gratuite agli indigenti » vogliono segnare una direttiva al legislatore per il perfezionamento dell’attuale attrezzatura e organizzazione per l’assistenza profilattica e terapeutica ai bisognosi (libretti per i medicinali, ambulatori gratuiti, rette ospedaliere a carico dei comuni, ecc.), pur rimanendo libera l’assistenza privata (ultimo comma, dell’art. 38), e con netta distinzione dalla legislazione sociale (art. 38) per i lavoratori, i quali si precostituiscono da se stessi, col metodo assicurativo o mutualistico, il diritto a un’adeguata assistenza profilattica e terapeutica. L’on. Merighi propose un emendamento aggiuntivo per far seguire alla declaratoria del dovere della collettività quella di un corrispondente dovere dell’individuo « di tutelare la propria sanità fisica, anche per il rispetto della stessa collettività». L’on. Tupini, per la Commissione, dichiarò che questo principio poteva considerarsi implicito nella formula che poi è stata approvata, e l’on. Merighi rinunziò all’emendamento. Gli on. Codacci Pisanelli, De Maria, Capua, Caso, Del Curto e Cotellessa proposero il seguente comma aggiuntivo: « Nessuno può disporre del proprio corpo in maniera incompatibile con la dignità umana », intendendo con ciò inserire nella Costituzione, seguendo l’esempio di altri paesi, tra cui ultimamente la Francia, un divieto alla « prostituzione ufficiale », allo scopo anche di intensificare la profilassi contro le malattie veneree. Ma vi rinunciarono dopo che l’on. Tupini, per la Commissione, affermò trattarsi di materia di legislazione ordina/ia più che costituzionale. L’on. Caronia propose di aggiungere che lo Stato assolve il compito di cui al primo comma « attraverso istituzioni coordinate intorno a un unico organo centrale e autonomo », sottolineando la necessità, di fronte alla progettata struttura regionalistica, di affermare in sede costituzionale il principio unitario dell’indirizzo sanitario. L’on. Camangi propose invece di dire che lo Stato assolve a tale compito « direttamente e attraverso gli enti locali », ammettendo l’opportunità del decentramento. Entrambi rinunzìarono poi agli emendamenti dopo che l’on. Tupini, per la Commissione, ebbe dichiarato che il problema è di natura non costituzionale ma amministrativa. Discutendosi il Titolo V della Parte II, la questione fu ripresa in esame e, quanto alla assistenza sanitaria e ospedaliera, risolto nel senso del decentramento (art. 117). 

Molto discusso fu il primo periodo del secondo comma dell’art. 32 costituzione, approvato con l’intendimento di vietare esperimenti scientifici sul corpo umano che non siano volontariamente accettati dal paziente (si parlò di inammissibilità delle « cavie umane «); con esclusione tuttavia dei trattamenti sanitari (vaccinazioni, ecc.) che siano resi obbligatori per legge nell’interesse della salute pubblica, sempre che non siano violati i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Una spiegazione della portata di quest’ultima parte dell’articolo fu fornita dal proponente on. Moro nella adunanza plenaria della Commissione del 28 gennaio 1947. Si volle soprattutto alludere a una esperienza storica e particolarmente alla sterilizzazione. L’on. Moro aggiunse: « Non si vuole escludere il consenso del singolo a determinate pratiche sanitarie che si rendessero necessarie in seguito alle sue condizioni di salute; si vuole soltanto vietare che la legge, per considerazioni di carattere generale e di male intesa tutela degli interessi collettivi, disponga un trattamento del genere. I casi invece di carattere generale da applicarsi a tutti i cittadini devono essere disposti per legge entro quei determinati limiti di rispetto della dignità umana ».

Giurisprudenza sull’art. 32 costituzione

In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura “standard” del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata dal giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna “personalizzazione” in aumento.

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, n.5865

Il cd. “straining” è ravvisabile allorquando il datore di lavoro adotti iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante condizioni lavorative “stressogene”, e non quando la situazione di amarezza, determinata ed inasprita dal cambio della posizione lavorativa, sia determinata dai processi di riorganizzazione e ristrutturazione che abbiano coinvolto l’intera azienda.

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2021, n.2676

Dottrina

La salute dei cittadini, la libertà di muoversi, di riunirsi, non sono solo aree di immunità da preservare da interventi esterni in una logica di prevenzione e di repressione da turbamenti dell’ordine sociale, e cioè libertà negative le quali, anche quando assumono un segno positivo, rappresentano garanzie a non essere impediti o disturbati nell’esercizio di una particolare espressione della personalità: sono invece territori nei quali la liberazione dal bisogno, che condiziona il godimento pieno di quei diritti, e l’aspirazione ad una condizione di vita sicura non solo giustificano ma richiedono politiche di intervento promozionali e positive che solo a uno sguardo superficiale possono apparire come limiti, perché costituiscono piuttosto condizioni per la loro conservazione ed il loro sviluppo.

Francesco Macioce