Restituzione versamenti al socio prima della bancarotta. Capitale o Finanziamenti?

Al momento della bancarotta della società molti sono gli interessi in gioco. Da una parte i soci hanno interesse a riottenere le somme da loro investite, dall’altra i creditori della società cercano di mantenere immutato il patrimonio societario per soddisfare i loro crediti.

Cosa accade se un socio al momento del dissesto finanziario della società prova a riottenere i versamenti fatti?

Nella normalità dei casi vi è dapprima la soddisfazione dei creditori e l’eventuale parte residua viene poi restituita in proporzione ai soci. 

Qualora un socio decida, prima della dichiarazione di bancarotta, di riottenere la somma investita nella società, vi sono diverse possibilità.

La giurisprudenza distingueva fra il socio amministratore e non. Quali le conseguenze?

I giudici affermavano che si configurava in ogni caso il reato di bancarotta, a carico del socio. Ma differente era la qualificazione

Il socio che fosse anche amministratore e avesse abusato di tale potere per ottenere la restituzione della somma contribuisce infatti ad aggravare il dissesto della società, configurando dunque il delitto di “bancarotta per distrazione”.

Al contrario, il socio che non rivestisse alcuna qualifica nell’organo amministrativo, e che abbia ottenuto il rimborso dei propri finanziamenti risponde di un delitto molto meno grave, quello di “bancarotta preferenziale”. 

In ogni caso, il socio era chiamato a rispondere per un reato, più o meno grave.

Si può evitare la qualificazione di questa condotta come reato di bancarotta?

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito nella sentenza n. 8431 della sez. V, dell’1 febbraio 2019 che bisogna individuare quale sia la natura del versamento

Il socio che abbia effettuato un versamento in conto capitale (“capitale di rischio”), non può pretenderne la restituzione durante la vita della società, a meno che non vi sia un residuo attivo del bilancio che consenta ciò, e dunque con la restituzione della propria quota configura il predetto reato di bancarotta.

Al contrario, è ben possibile che un socio effettui poi un versamento a titolo di mutuo (“capitale di credito”), assumendo quindi anche la qualifica di creditore. Ebbene, in questo caso non si configura nessun reato, essendo ovvio che i creditori possano essere soddisfatti durante la vita della società e prima del fallimento della stessa. 

Ora, la qualificazione del finanziamento come capitale di rischio o di credito avviene in base ad un criterio flessibile, la ricostruzione della “concreta volontà delle parti” e, solo ove questa non sia possibile, in base alla qualificazione formale dei versamenti. 

Per concludere, con la nuova sentenza della Cassazione si crea un importante precedente che permette di evitare che il socio, il quale abbia ottenuto la restituzione di parte di quello che ha investito nella società, sia automaticamente considerato colpevole del reato di bancarotta

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